Legge di bilancio 2021
Estratto, primo commento
L’art. 1, comma 279, della legge di bilancio per il 2021 (l. n. 178/2020) si limita a prorogare al 31 marzo 2021 la disciplina dell’art. 93, comma 1, del d.l. n. 34/2020, convertito in l. n. 77/2020, come modificato dall’art. 8, comma 1, lett. a) del d.l. 104/2020, convertito in l. n. 126/2020.
La norma, in sostanza, conferma la possibilità di rinnovare o prorogare contratti a termine “senza causale” (in deroga all’articolo 21 del d. lgs n. 81/2015), per un periodo massimo di 12 mesi, ma sempre nel rispetto del principio della durata massima complessiva dei 24 mesi, e “per una sola volta”.
Il rinnovo o la proroga “acausale” è possibile fino al 31 marzo 2020, il che significa che la sottoscrizione del contratto a termine, rinnovato o prorogato, può avvenire entro il 31 marzo 2020 ma l’effetto di tale proroga o rinnovo si può estendere anche oltre tale data.
Il rinnovo o la proroga si può effettuare “per una sola volta” e, in caso di rinnovo, non occorre neppure rispettare l’intervallo tra un contratto a termine e l’altro.
Dato che la legge dispone che proroga e rinnovo possano essere effettuati una sola volta, se ne deduce che questo regime “acausale” non tiene conto dei rapporti pregressi (salvo, ovviamente, delle proroghe o rinnovi eventualmente già effettuati in vigenza della precedente norma introdotta dall’art. 8, comma 1, lett. a) del d.l. 104/2020 convertito in l. n. 126/2020).
In tema di proroghe, poi, è noto che, secondo la disciplina generale (art. 21, comma 1, del d. lgs. n. 81 del 2015), nei primi 12 mesi si possono effettuare fino a quattro proroghe “acausali”. Pertanto, l’espressione “per una sola volta”, utilizzata nella disposizione in commento, se riferita alle proroghe, lascia intendere che il contenuto del “nuovo” art. 93 ha una sua valenza del tutto autonoma e peculiare, che prescinde, seppur in parte, dalla “disciplina generale” sui contratti a termine, quanto meno in ordine alla disciplina delle proroghe.
Dunque, posto che nell’art. 93, come “riformato” dal d.l. 104/2020, si parla espressamente di deroga all’art. 21, questa proroga non si conteggia tra le quattro previste nel citato comma 1 dell’art. 21.
Sempre in tema di contratti a termine va poi ricordato che deve ritenersi tuttora vigente, almeno fino al 31 marzo 2021, l’art. 19 bis del “Cura Italia” (d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, convertito in l. n. 27/2020) ossia la “Norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine”.
Questa norma, in deroga alla disciplina generale sui contratti a termine e sulla somministrazione a termine, consente “ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 del presente decreto” (ossia al regime di cassa integrazione COVID 19, o comunque riconducibili a tale evento), di prorogare o rinnovare contratti a tempo determinato o di somministrazione a termine, “nei termini ivi indicati” (ossia nei termini temporali individuati negli stessi artt. da 19 a 22 del decreto legge n.18/2020).
Orbene, dato che tutte le proroghe di vigenza della “cassa Covid” sono state effettuate apportando modifiche agli artt. da 19 a 22 del decreto legge n.18/2020, così come è avvenuto anche ora, in occasione dell’approvazione della legge di bilancio per il 2021 (l. n. 178/2020 – cfr. comma 299 e ss.) si ritiene che la disposizione dell’art. 19 bis sia tuttora vigente fino al 31 marzo 2021, in relazione ai trattamenti di cassa integrazione ordinaria, e fino al 30 giugno 2021 per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga, ossia fino al temine di efficacia degli interventi della cassa Covid (cfr. comma 300).
La disposizione appare particolarmente opportuna laddove il regime di cassa integrazione COVID 19, in molti casi, non è determinato da una libera scelta dell’impresa ma è conseguenza delle misure restrittive introdotte dal Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria.
In difetto di questa disposizione molte imprese dovrebbero interrompere il rapporto con personale già “sperimentato”, perdendo l’occasione di poterlo impiegare nuovamente al momento della ripresa produttiva.
La disposizione di legge non specifica se la durata della proroga o del rinnovo possa andare oltre il periodo previsto di cassa integrazione ma, venuto meno l’intervento dell’ammortizzatore, viene meno anche il divieto di ricorso alle forme di lavoro flessibili previsto dalla disciplina generale e, dunque, è ragionevole concludere che la durata dei contratti possa andare oltre il periodo della cassa integrazione.
La disposizione in esame deroga anche all’osservanza dell’intervallo tra un contratto e il successivo (il c.d. “stop and go”), che pertanto facilita l’utilizzo di questi contratti.
Resta, comunque, la necessità di apporre una delle “causali” di legge in ogni caso di rinnovo e nel caso in cui la proroga oltrepassi il limite dei 12 mesi di durata e sempre che non si utilizzi la disposizione, precedentemente commentata, ossia quella recata dall’art. 93, comma 1, del d.l. n. 34/2020, come successivamente modificato.
La legge di Bilancio, all’art. 1 comma 306 prevede, altresì, che i datori di lavoro privati, con esclusione di quelli del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di integrazione salariale per covid 19, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, possono richiedere l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico previsto dall’art. 3 del DL n. 104/2020, per un ulteriore periodo massimo di otto settimane, fruibili entro il 31 marzo 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'INAIL, riparametrato e applicato su base mensile. L'efficacia del beneficio è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea.
La legge di Bilancio, all’art 1, commi da 10 a 15, al fine di promuovere l’occupazione giovanile, riconosce per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato effettuate nel biennio 2021-2022, uno sgravio contributivo nella misura del 100%, per massimo 36 mesi, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui, per quei soggetti che alla data della prima assunzione incentivata non abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età. Resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
Tale esonero è riconosciuto per un periodo massimo di 48 mesi ai datori di lavoro privati che effettuino assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.
L'esonero spetta ai datori di lavoro che non abbiano proceduto, nei sei mesi precedenti l'assunzione, né procedano, nei nove mesi successivi alla stessa, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi, nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva.
L’efficacia del beneficio è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ed è concesso nei limiti e alle condizioni stabiliti dalla medesima Commissione con il Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato.
All’art. 1 comma 16 viene previsto, in via sperimentale, un esonero contributivo nella misura del 100%, nel limite massimo di 6.000 euro annui, in caso di assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022.
Le assunzioni devono comportare un incremento occupazionale netto calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei 12 precedenti. Per i dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale, il calcolo è ponderato in base al rapporto tra il numero delle ore pattuite e il numero delle ore che costituiscono l'orario normale di lavoro dei lavoratori a tempo pieno.
L’efficacia del beneficio è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ed è concesso nei limiti e alle condizioni stabiliti dalla medesima Commissione con il Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato.
L’art. 1 comma 336 prevede la proroga dell’anticipazione pensionistica c.d. “opzione donna”.
Entro il 31.12.2020 le interessate devono avere un'età pari 58 anni per le lavoratrici dipendenti (pubbliche e private) e pari a 59 anni per le autonome. Entro il 31.12.2020 bisogna anche aver maturato il requisito di 35 anni di contributi effettivi. Una volta raggiunti i requisiti entro il 2020, sarà necessario attendere 12 mesi di finestra per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per quelle autonome.
È bene rammentare che con la scelta dell’anticipazione pensionistica in questione c’è la conversione totale al metodo di calcolo contributivo.
Anche l’Ape sociale viene prorogato per tutto il 2021 (art. 1 commi 339-340).
I requisiti necessari entro il 31.12.2021 sono:
· almeno 63 anni di età;
· almeno 30 anni di contributi o almeno 36 anni nel caso dei lavoratori c.d. “gravosi”, mentre per le lavoratrici madri vi è una agevolazione per ogni figlio pari a 12 mesi per un massimo di 2 anni di contributi;
· quattro i profili di tutela: 1) disoccupati per l’intera durata della Naspi, 2) care-giver conviventi per almeno 6 mesi di parenti o affini entro il 2° grado con disabilità grave, 3) lavoratori disabili con invalidità civile almeno pari al 74%, 4) addetti a mansioni gravose per almeno 6 anni negli ultimi 7 o 7 anni negli ultimi 10.
È presupposta la cessazione del rapporto di lavoro
L’ape sociale ha un valore mensile pari alla pensione maturata fino a un massimo di 1500 euro lordi mensili per 12 mesi.
L’art. 1, comma 145, proroga fino al 2023 la possibilità - già a partire da 7 anni di anticipo rispetto all’età pensionabile - di accesso alla c.d. “isopensione” introdotta dall’art 4 della l.n. 92/2012, (legge Fornero).
In base all’art. 1, comma 481 della legge di Bilancio, nel periodo che va dal 1° gennaio al 28 febbraio 2021 per i lavoratori c.d. fragili, (vale a dire immunodepressi, malati oncologici e con disabilità gravi identificati dall’art. 26 comma 2, del DL n. 18/2020) viene prorogata l’equiparazione - dal punto di vista del trattamento economico spettante - al ricovero ospedaliero del periodo di assenza dal servizio.
Come per i periodi fino al 15 ottobre 2020, anche i trattamenti economici relativi ai mesi di gennaio e febbraio sono posti a carico dello Stato.
Si evidenzia altresì che il comma 484 elimina la necessità che nel certificato medico siano indicati gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’art.26, comma 1 , del suddetto DL n.18.