Trasferimento del lavoratore
Rifiuto e conseguenze
Nella vita aziendale molto spesso accade che il datore di lavoro disponga un trasferimento che il dipendente reputa illegittimo ed al quale sceglie di non adempiere rifiutandosi di eseguire la prestazione nella nuova sede di lavoro.
Come ci illustra la giurisprudenza, il giudice, ove venga proposta dal dipendente l’eccezione di inadempimento (ossia il rifiuto del lavoratore di rendere la prestazione) deve procedere ad “una valutazione comparativa degli opposti inadempimenti avuto riguardo anche alla loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, al fine di stabilire quale sia più grave” (Cass. 21391/2019)
Un recente arresto della Corte di Cassazione (10 febbraio 2022 n. 4404) ha statuito che il lavoratore trasferito può chiedere giudizialmente l'accertamento di illegittimità del provvedimento datoriale, ma non può rifiutarsi aprioristicamente di eseguirlo, potendosi in tal caso configurare una responsabilità disciplinare idonea a fondare il licenziamento per giusta causa.
Pertanto, anche in caso di trasferimento adottato in violazione dell'articolo 2103 c.c., il lavoratore non è legittimato a rifiutarsi di eseguire la prestazione lavorativa ma deve attendere eventualmente una disposizione del giudice. In ogni caso il lavoratore è tenuto a un comportamento improntato alla buona fede con l'effettiva disponibilità a prestare servizio presso la sede originaria.
Per ogni ulteriore chiarimento rimane a completa disposizione l’Ufficio sindacale nella persona del dott. Alberto Virgili
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